sabato 9 aprile 2016

Lobsang Rampa: La mia Visita su Venere - Parte 1




La mia Visita su Venere

La Dimora degli Dei

Dischi volanti? Certo che esistono i dischi volanti! Ne ho visti molti sia nel cielo che sulla Terra ed ho viaggiato a bordo di uno di loro. Il Tibet è il paese più avvantaggiato per questo!

È un luogo lontano dal trambusto del mondo ed è abitato da gente che pone la religione e i concetti scientifici prima del guadagno materiale.

Attraverso i secoli, la popolazione tibetana ha conosciuto la verità su di essi: cosa sono, perché arrivano, come lavorano e lo scopo dietro a tutto questo. Noi conosciamo i loro equipaggi come «Dei del cielo nei loro carri di fuoco».




Ma, lasciate che vi racconti un evento che, di certo, non è mai stato raccontato in altri paesi al di fuori del Tibet e che è completamente vero:

«La giornata era fredda. Blocchi di neve ghiacciata trasportati dall'ululante bufera di vento picchiavano come proiettili contro le nostre vesti svolazzanti e strappavano via la pelle dalle parti nude del corpo.

Il cielo era di un profondo color porpora con rappezzi sorprendenti di nuvole bianche che correvano verso le montagne. Qui, a circa mille metri sul livello del mare, sugli altipiani tibetani del Chang Tang, noi, a fatica, arrancavamo verso l'alto.

Dalla nostra ultima sosta, lontana ormai quasi otto chilometri e mezzo, una voce era entrata nelle nostre coscienze: "Ancora uno sforzo, fratelli miei, ancora uno sforzo, entrate nella cortina di nebbia perché c'è molto da vedere".

Noi sette, tutti lama del rango più elevato del Tibet, avevamo scambiato molte comunicazioni telepatiche con gli "Dei dei Cieli". Da loro avevamo imparato il segreto dei "carri" che, nel silenzio, attraversavano la nostra Terra e talvolta illuminavano remote regioni.

Ci arrampicammo più in alto, sempre più su, cercando nella dura terra un appoggio per i nostri piedi, mentre forzavamo le nostre dita nelle fessure quasi inconsistenti delle rocce. Alla fine, raggiungemmo la cortina di nebbia e vi entrammo.

Rapidamente, dopo averla attraversata, sbucammo nel caldo e misterioso luogo di un'epoca antica. Per quella notte riposammo al calore e al conforto della Terra Nascosta.




Trovammo semplice e rilassante riposarci sul soffice letto di muschio, e al mattino fummo grati di poterci bagnare nell'acqua calda del grande fiume, prima di prepararci ad un altro giorno di marcia.

Là, in quella terra, c'erano dei gradevoli frutti che prendemmo con noi come pasto; fu davvero uno scambio conveniente con l'eterna tsampa! (Impasto tradizionale a base di farina d'orzo e burro di jak; ndr).

Per tutta la giornata ci spostammo verso l'alto fra incantevoli alberi di rododendri e noci ed altri che non avevamo mai visto. Continuammo ad arrampicarci sempre seguiti dal piacevole tepore di quel territorio.

All'imbrunire, ci accampammo sotto alcune piante ed accendemmo il fuoco; ci avvolgemmo nelle nostre vesti e ci addormentammo.

Con le prime luci dell'alba eravamo di nuovo in piedi, pronti a proseguire il nostro viaggio. Marciammo a due a due per circa mezzo miglio e arrivammo in una zona aperta. Qui ci fermammo sbalorditi ed ammirati; la zona di fronte a noi era vasta ed incredibile.

L'area che ci si presentò aveva una larghezza di almeno otto chilometri e la scena era così stupefacente che anche adesso esito a descriverla poiché so che non sarò creduto.

Questo spazio così ampio, dunque, aveva nella parte più distante una parete di ghiaccio che simile ad una lastra di vetro si innalzava fino al cielo.

Pur tuttavia, questa non era la cosa più straordinaria perché questo luogo conteneva le rovine di una città ed alcune costruzioni erano quasi intatte, altre nuove.




Vicino, in un vasto pianoro, c'era una immensa struttura di metallo che mi riportò alla memoria due dischi del nostro tempio uniti insieme ma, quello, chiaramente, era un qualche tipo di veicolo.

La mia guida, il Lama Mingyar Dondup, ruppe il nostro reverenziale silenzio: "Questa era la Dimora degli Dei" ‒ disse ‒ "mezzo milione di anni fa, gli uomini lottarono contro di essi ed inventarono un meccanismo capace di frantumare un atomo, cosa che procurò grande calamità al pianeta.

Terre si sollevarono, altre si inabissarono, montagne si sbriciolarono ed altre sorsero. Questa era una potente città, la Metropoli. Qui, un tempo, c'era il mare. Lo sconvolgimento che succedette all'esplosione, sollevò questo territorio di migliaia di piedi e lo shock alterò la rotazione del globo."

Tutti ascoltavamo in un affascinato silenzio e poi, come spinti da un impulso comune, ci spostammo in avanti. Ci avvicinammo per vedere altre parti della città incastonata nel ghiaccio, di quel ghiacciaio che nella valle molto calda si sciolse delicatamente lasciando intatte quelle antiche strutture.

Solo quando ci trovammo vicino alle costruzioni ci fu chiaro che la gente vissuta lì doveva avere un'altezza non inferiore ai tre metri e mezzo.

Ogni cosa era su scala gigante, una scena che mi riportò nitidamente alla memoria quelle smisurate figure che vidi nei profondi recessi del Potala.

Ci accostammo ad uno strano veicolo metallico; era immenso: forse intorno ai 15 metri per 18 e reso inutilizzabile dal tempo.

C'era una scala che si estendeva fino ad un'apertura buia, avevamo la sensazione di calpestare un suolo sacro; uno dopo l'altro avanzammo lentamente.

Il Lama Mingyar Dondup fu il primo a salire e a scomparirvi dentro. Subito dopo ci andai io, raggiunsi la cima della scala e, una volta all'interno, vidi la mia guida curvarsi sotto quello che pareva un tavolo inclinato posto in quella larga stanza di metallo.

Egli toccò qualcosa ed apparve una luce bluastra seguita da un debole ronzio. Al nostro terrificato sbalordimento si aggiunse il fatto che dalla parte estrema della sala, apparvero delle figure che vennero verso di noi e ci parlarono.




Il nostro primo impulso fu quello di voltarci e scappare, abbandonando quella "magia" ma, una voce nel nostro cervello ci fermò: "Non abbiate paura" – disse – "Sapevamo della vostra venuta, ne eravamo consapevoli già negli ultimi cento anni.

Abbiamo fatto dei preparativi affinché coloro che si fossero mostrati più intrepidi, tanto da entrare nel vascello, avrebbero conosciuto il passato".

Avevamo l'impressione d'essere stati ipnotizzati, privati del movimento e senza possibilità di obbedire al nostro istinto primordiale: fuggire! "Sedete" – continuò la voce – "Perché sarà una cosa lunga e gli uomini stanchi non ascoltano bene".

Ci sedemmo tutti e sette formando una sola fila, con lo sguardo rivolto verso l'ultima parte della sala, e aspettammo. Per alcuni secondi il sottile brusio continuò, poi scomparve la luce nella sala e fummo avvolti in un'oscurità così profonda da non poter vedere nemmeno le nostre mani.

Qualche secondo più tardi, il ronzio cessò, si udì un debole suono e sulla parete apparvero delle figure così incredibilmente insolite da superare di gran lunga la nostra comprensione.

Erano le immagini di una potente città, fra le cui rovine noi in quel momento sedevamo, una città accanto al mare sul quale strani natanti cavalcavano le onde e, in alto, velivoli simili ad astronavi, fendevano l'aria silenziosi e senza sforzo.

Sulla spiaggia, dalla sabbia dorata, figure giganti si muovevano a grandi passi fra gli ondeggianti alberi di palme. Potevamo ascoltare il suono delle voci di bambini felici che giocavano a schizzarsi addosso l'acqua del mare. Si vedevano scene di strade e di case nelle costruzioni pubbliche.

Senza preavviso, queste scene ci vennero mostrate come se fossimo stati nell'aria a bordo di un velivolo, cosa che fortemente mi ricordò il mio aquilone alla cui inconsistente barra trasversale io mi tenevo aggrappato.

Poi, un terribile boato... e lontano un qualcosa a forma di fungo oscurò il cielo per miglia. Una nuvola, poi, un color giallo-cremisi si delineò nell'aria e fu come se l'intero respiro degli Dei fosse andato in fiamme.




L'Inondazione

Dalla nostra elevata e favorevole posizione virtuale, vedemmo crollare le grandi costruzioni e la gente fuggire dalle proprie case. Lontano, dal mare, udimmo il fragore di un'onda smisurata abbattersi poco dopo sulla terraferma ed inghiottire gli edifici dell'allora solenne Metropoli.

La Terra si scosse, l'immagine turbinò e si affievolì, poi crebbe di nuovo. Subimmo l'impressione di cadere, di roteare e fu buio. Per quello che ci sembrò un lungo periodo di tempo, restammo seduti nell'oscurità con l'aria stupita.

Apparve ancora una raffigurazione sulla parete, ma era di natura diversa. Vedevamo ogni cosa con chiarezza; c'erano strani veicoli simili a quelli sui quali eravamo seduti.

Gli uomini, sembravano adibiti al lavoro, al servizio. Imbarcazioni arrivavano e partivano in continuazione. C'erano parecchi e differenti tipi di persone che avevano un'altezza da 1 metro e mezzo a 4 metri e mezzo circa.

Lo scenario cambiò ed avemmo visioni esterne della Terra e della parte nascosta della Luna. La voce dallo schermo ce le spiegava attraverso le immagini. Imparammo che esisteva un'associazione, una Confraternita Bianca composta da Entità incarnate e disincarnate.

Quelle incarnate giungono da molti e differenti pianeti ed hanno il solo scopo di salvaguardare la vita. L'uomo, ci precisarono, non è certamente l'essere più elevato dell'evoluzione, e queste persone, codesti guardiani operano per le creature di tutte le specie, non soltanto per l'uomo.




L'Invasione

Ci dissero pure che il Tibet sarebbe stato invaso e che gli occupanti, i comunisti, rappresentano una malattia per il corpo della Terra. Il Comunismo, aggiunsero, sarà sradicato poiché nell'epoca futura le creature di tutte le specie si uniranno in fraternità come in quei giorni ormai lontani.

Il Tibet sarà occupato ma farà la sua parte con i lama telepatici che possono facilmente mettersi in contatto con le navi spaziali.

La Terra, ci spiegano, è una colonia e gli Esseri galattici la supervisionano per mitigare gli effetti delle radiazioni atomiche, ed è sperabile, per salvare la gente dal mandare a pezzi il mondo.

Noi sette, fummo fatti salire (sempre virtualmente; ndr) su un'astronave e sollevati nell'aria. In mezz'ora vedemmo dall'alto la nostra terra tibetana – terra che un uomo, a dorso di cavallo, impiegherebbe tre mesi ad attraversare.

Il profondo color porpora del cielo pomeridiano era tagliato da una candida linea bianca come se il dito di Dio avesse portato via il buio e fatto emergere la luce.

L'argento scintillante alla sommità della linea crescente fendeva così rapido il cielo da non poter essere seguito dallo sguardo. Ma scomparve in un improvviso guizzo di luce ed avanzò l'oscurità cosmica.

Poi, senza incrementare l'impulso gravitazionale e senza alcuna sensazione di velocità, entrammo nello spazio. Noi sappiamo come queste navi funzionano.

Conosciamo il perché sono in grado di effettuare curvature tanto rapidamente e per quale motivo coloro che sono all'interno non ne subiscono la forza centrifuga. Ma questa è un'altra storia.



Il Tibet, otto volte più grande delle Isole Britanniche, ha molti misteri ma nessuno tanto straordinario come questo: una valle posta nel mezzo dello splendore tropicale priva della temperatura subartica. 

Questo, perché cime di diverse altezze circondano e proteggono questa calda e piacevole Terra dal freddo pungente.

Una valle situata a circa 7.620 metri sopra il livello del mare con una città nascosta che risale al tempo dell'Inondazione e, ancor più incredibile, dove gli "Dei del Cielo" avevano una base.

Per secoli, i lama telepatici di grado elevato, erano stati con essi in comunicazione ed avevano appreso tanto da loro. Ora noi, altamente privilegiati, stavamo per incontrarli.

Eravamo distesi sulla schiena, pensando alle meraviglie a cui avevamo assistito. Alla nostra destra, in una posizione di estrema chiarezza, c'erano strani congegni che sarebbero risultati tali anche ai mercanti più specializzati della Terra.

La nostra profonda concentrazione fu infranta d'improvviso da un ronzio che veniva proprio da sopra le nostre teste, ci girammo e vedemmo un disco che con moto rotatorio si stava avvicinando.

Nel momento in cui passò sopra di noi fummo schiacciati a terra come fossimo stati percossi da un vento fortissimo ed avemmo la sensazione che il peso del nostro corpo si fosse in un istante raddoppiato. Poco dopo potemmo rialzarci ed appoggiati sui gomiti vedemmo atterrare l'astronave.

La sua forma ci ricordava quella di due scodelle tibetane, una rovesciata sull'altra, così da essere unite per i bordi con al centro di entrambe una cupola trasparente, che non ci permetteva però di scorgere chiaramente il suo interno.




L'intensa nostra analisi fu interrotta da un uomo di statura molto elevata (d'ora in poi menzionato come il "Più Alto"; ndr) che venne verso di noi dicendo: "Venite ora, fratelli miei, perché abbiamo molte cose da mostrarvi".

Egli ci condusse attraverso un sentiero ricoperto di muschio, duro come la roccia, liscio e senza macchie né difetti. Mi guardavo attorno affascinato e mi domandavo in che cosa consistessero tutte quelle straordinarie attività aliene.

Questo personaggio, evidentemente, era tenuto nella massima considerazione perché al suo passare tutti coloro che lavoravano là si ponevano una mano sul cuore.

Un saluto che noi, nella nostra ignoranza, pensavamo riguardasse la tradizione orientale! Ci sentivamo molto impacciati nei nostri abiti logori, stracciati e consunti per il duro viaggio da Lhasa.

Non appena ci mettemmo in cammino, il "Più Alto" rimarcò l'osservazione del giorno prima, che la Terra era una colonia affetta da una terribile malattia che aveva reso la maggior parte dei suoi abitanti simili a cani impazziti.

Per secoli la Terra era stata osservata cosicché, al momento giusto, la gente sarebbe stata soccorsa. Quel tempo è ormai vicino. Ad alcuni di noi, del Tibet, essendo ben sviluppati telepaticamente ed esotericamente, furono date speciali informazioni e particolari esperienze.

"Ora" ‒ disse ‒ "Vi vogliamo mostrare il vostro mondo al di là dell'atmosfera. Così, sarà meglio che prendiate posto in un veicolo adatto a quelli della vostra statura".




Dentro il Vascello

Eravamo in piedi, all'esterno di un vascello di forma tubolare, lungo circa 107 metri e largo 21. Una spaziosa piattaforma conduceva da terra al suo interno.

Come ci avvicinammo, un uomo di media altezza ma molto grosso, scese per salutarci. Toccò il suo cuore davanti all'uomo "Più Alto" e per un momento si guardarono mentre un messaggio correva tra loro. Poi, quest'ultimo si girò verso di noi e fece cenno di seguirlo.

Noi, imitammo l'esempio della mia Guida, il Lama Mingyar Dondup, ci voltammo prima verso il "Più Alto" toccandoci il cuore con la mano destra, quindi ci inchinammo e seguimmo il "Più Grosso".

L'ignoto spaventa sempre. Il mio cuore aumentò il battito in un momento di paura quando ci immettemmo sulla rampa inclinata, poi, entrammo nel vano di quella porta aliena. Al suo interno, c'era un largo corridoio di un riposante verde pallido, mentre le pareti apparivano luminose.

La luce era uniforme e priva di ombre. Il "Più Alto" ci condusse lungo il corridoio per parecchi metri, poi si fermò, alzò le mani ed una parete scivolò di lato, rivelando una piacevole sala in cui un lato e il pavimento apparivano trasparenti al punto che ci intimoriva entrarvi.

"Non abbiate paura" ‒ disse ‒ "Il pavimento è davvero solido e capace di sostenervi. Ciò che ora voi state vedendo, complessivamente, è uno schermo speciale in grado di mostrare qualsiasi cosa si trovi all'esterno. Non ci sono finestre qui".

Intimoriti, e con un po' di affanno, entrammo. Era come se stessimo camminando sul nulla ed io ebbi la sensazione di sprofondare in basso. Il "Più Alto" si mise di fronte ad un muro e sembrò volerci dare l'impressione di allontanarsi da noi per restare immerso in profondi pensieri.

Osservavo altri vascelli là attorno e gente che vi lavorava sopra. Improvvisamente sentii le ginocchia indebolirsi e fui preso dal panico. Tutto si stava allontanando, la Terra si abbassava sotto i nostri piedi e mi aspettavo che anche noi facessimo lo stesso, ma non c'era alcun segno, né sensazione di movimento.




Il "Più Alto" uscì dal suo apparente sonno e parlò: "Vi stiamo portando fuori dalla vostra Terra" ‒ annunciò ‒ "Vi mostreremo il mondo da lontano".

Io intervenni: "Ma non ci stiamo muovendo, se così fosse ne avremmo la sensazione. Quando oscillavo dalla fine di una corda o quando volavo sopra un aquilone, io provavo qualcosa ma qui non avverto nulla."

Il "Più Alto" rispose: "No, non c'è spostamento, ma noi manovriamo a velocità che va oltre l'abilità di resistenza del corpo umano, possediamo particolari espedienti che automaticamente neutralizzano l'effetto di una virata improvvisa o di un brusco arresto.

Non potrai percepire nulla su questo vascello né avere motivo di preoccupazione. Da lungo tempo siamo ormai maestri della scienza della gravità. Più tardi vedrete attraverso questa nave, ma prima..." Gesticolò con le mani verso gli schermi e noi guardammo.

Nessuna Sensazione di Movimento

Lontano, sotto di noi, la rugosa Terra del Tibet si stava allontanando. Poderose montagne, alcune delle quali torreggiavano più alte del maestoso Everest, stavano diventando piatte per la distanza, capocchie di spillo sopra una superficie piana.

Ci alzammo ancora, sempre di più, finché potemmo vedere il nostro fiume Felice (come noi Tibetani lo chiamiamo) gettarsi nel maestoso e sacro fiume dell'India terminando la sua corsa nell'oceano; cosa che non avevamo mai visto prima.

Osservammo il profilo della costa e facilmente distinguemmo la Baia del Bengala e vedemmo anche l'interno della Cina. Scorgemmo perfino la Grande Muraglia come una sottile crepa attraverso la Terra.




Il Sole sembrava essere sotto di noi dilatato e immenso, per la rifrazione dell'aria, di un rosso acceso simile alla bocca aperta della fornace di una lamaseria.

Anche qui non c'era movimento alcuno, né impressione di qualcosa. Noi stavamo là ammirati. Pensavamo a quanto fosse remoto tutto ciò dalla nostra normale vita sull'arida Terra.

Il "Più Alto" fece dei gesti verso una parete, poi toccò qualcosa e degli scanni simili a sedili, spuntarono da una superficie assolutamente liscia. "Prendete posto" – disse. "Possiamo guardare più confortevolmente da seduti".

Ci accomodammo piuttosto cauti e imbarazzati perché ci parve di sprofondare dentro qualcosa che ci avvinghiò modellandosi alla forma del nostro corpo.

"Sedili giusta-forma" – precisò l'uomo – "Molto confortevoli, prevengono eventuali scivolate, anche se possono ritrarsi in qualsiasi momento". Giusta-forma – pensai – per la verità non sono abituato ad essere tenuto in questo modo, tuttavia, supposi che avrei dovuto abituarmici.

Così, stando adagiato in tutta sicurezza, fissai di nuovo gli schermi e trattenni il respiro con assoluto stupore. Si diceva che la Terra fosse piatta, adesso potevo vedere invece che è rotonda e simile alla palla con la quale giocavamo. Qui, eravamo lontani da essa e andavamo sempre più su finché non fummo liberi dall'atmosfera.

Il Pianeta girava lentamente sotto di noi, un globo magnifico, largamente coperto dal grigio-verde dell'oceano. Le zone terrestri apparivano insignificanti con macchie di verde e ruggine. Larghe aree erano coperte da bianche nubi lanuginose che ne oscuravano gran parte della superficie.

Attraverso dei varchi potevamo vedere il profilo dei continenti, delle isole e dei laghi interni. Ma delle città non v'era traccia. Dalla nostra altezza non si scorgeva alcuna indicazione che ne segnalasse la vita.



Visione dell'Universo

Attorno alla Terra c'era una debole foschia bluastra, piuttosto avvolgente e densa che andava a dissolversi completamente dopo poche miglia. Essa ruotava, rigirandosi pigramente simile ad un falco che lentamente volteggia nel cielo.

Il "Più Alto" disse: "Voi siete presi dalle cose umane eppure l'intero Universo è di fronte a voi; non vale un'occhiata?" Ci portò all'inizio della vita, e noi guardammo verso l'alto. Il buio completo sopra di noi era interrotto solo da sorprendenti ed intensi punti di luce.

Lontani mondi apparivano nitidamente sferici e di parecchie e differenti dimensioni, mentre su quelli più vicini a noi si potevano distinguere le caratteristiche del suolo. Fissammo il Sole, ma il nostro "cicerone" azionò uno scudo oscuro che coprì parte dello schermo.

Allora il Sole apparve chiaro e smisurato e, alla sua vista, fummo presi dal terrore perché pensammo che avesse preso fuoco. Vaste fiamme emergevano dalla sua circonferenza mentre la superficie si presentava come una massa contorta molto segnata da macchie cupe.

"Abbiamo una base su quella che voi chiamate l'altra faccia della Luna" – rivelò l'uomo – "E noi, ora, stiamo andando là". Il filtro fu tolto e fummo in grado di guardare l'abbacinante splendore della zona nascosta; un mondo privo d'aria che tuttavia ha in sé la vita nel profondo della sua superficie.

La velocità con la quale ci avvicinavamo era tale da essere per noi incomprensibile, eppure non c'era sensazione di spostamento. "Voi, avete imparato molto da noi" – precisò il "Più Alto" – "Certo, sulla Terra vi viene insegnato che noi non esistiamo; alla gente viene detto così a causa dei vari insegnamenti religiosi.

E poi, coloro che hanno il potere di vita e di morte sulle nazioni non vogliono che tutto questo si sappia, perché detenendo il dominio assoluto, non vogliono perdere la loro supremazia sui popoli asserviti."




Propulsione

Più tardi fummo portati a fare un giro in una nave spaziale e venimmo presentati ad un grande equipaggio. Ci sentimmo molto ignoranti alla loro presenza, sebbene essi fecero del loro meglio per rispondere alle nostre domande e metterci a nostro agio.

Il sistema della propulsione investiva grandemente il mio interesse e, nel merito, mi furono fornite dettagliate spiegazioni.  Si faceva uso di vari criteri;  astronavi  per  i più diversi scopi possedevano anche appropriati metodi di spinta. Quella su cui viaggiavamo aveva una forma di magnetismo che respingeva quello terrestre.

L'elettricità usata sulla Terra, ci venne detto, è la più grossolana, mentre quella usata altrove è basata sull'energia cosmica. La forza è raccolta dall'Universo per mezzo di speciali collettori posti sulla superficie del vascello e fatta affluire in "sala macchine".

Qui, è alimentata da bobine di induzione fino alle due metà del disco. La parte rivolta verso il vostro globo è fortemente respinta dalla Terra stessa, mentre l'altra rivolta in su, in questo caso verso la Luna, ne è fortemente attratta.

Su un pianeta, il magnetismo respingente può essere bilanciato in modo che la nave resti sospesa nell'aria per poi alzarsi o abbassarsi. Tutto il suo interno è rivestito da un sistema di conduttori, per cui, non ha importanza quale assetto impieghi il velivolo poiché la forza di gravità è sempre idonea per gli occupanti.

Ci fu mostrato lo straordinario semplice meccanismo che regola automaticamente l'energia gravitazionale, ma ci vorrebbero le condizioni adatte per addentrarci in più nobili dettagli.

È davvero una tragedia che la gente occidentale sia così scettica, perché ci sarebbe molto da dire e diventerebbe solo una perdita di tempo iniziare quando si ha la consapevolezza di non essere creduti. I dischi volanti esistono; sono una grande realtà...»

L'avventura continua e terminerà nel prossimo articolo...

Post Scriptum

Per documentarsi sull'identità misteriosa di Lobsang Rampa, QUI; per il download dei suoi libri, QUI; per un profetico messaggio all'Umanità, QUI; per la sua visita alla terra di Agartha, QUI.

Relazione, adattamento e cura di: Sebirblu.blogspot.it

Fonte: report dal libro di T. Lobsang Rampa – "La mia visita su Venere"

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